La Riforma n. 4

Questa settimana, ricordiamo e celebriamo la Riforma Protestante.

Giovanni Calvino

Giovanni Calvino e la Perfetta Scuola di Cristo

All’infuori di Cristo non c’è nulla che giova conoscere.

Giovanni Calvino
Istituzione, II.xv.2


Nel XVI secolo, la riscoperta del vangelo fece breccia non solo in Germania, ma anche in Svizzera e in Francia, testimonianza che l’opera veniva da Dio. Per esempio, Huldrych Zwingli (1484 – 1531), un contemporaneo di Lutero, avviò la Riforma a Zurigo e, dopo la sua morte, Heinrich Bullinger (1504 – 1575) la portò avanti. La Riforma giunse poi a Basilea e a Strasburgo grazie all’impegno di Giovanni Ecolampadio (1482 – 1531) e Martin Bucer (1491 – 1551).

Il riformatore che, salvo Lutero stesso, lasciò l’impronta indelebile sulla chiesa evangelica fu “quel francese”, il riformatore di Ginevra, Giovanni Calvino (1509 – 1564). Esiliato dal suo paese natale per le sue convinzioni “eretiche”, Calvino arrivò a Ginevra nel 1536, l’anno stesso in cui la città aveva aderito alla Riforma. Sotto la guida di Calvino, la città si trasformò in ciò che il riformatore scozzese John Knox chiamò “la più perfetta scuola di Cristo”: un esemplare della chiesa riformata, un centro di formazione missionaria e pastorale, e un rifugio per tutti coloro che venivano perseguitati per la fede evangelica.

Pur essendo maggiormente noto per il cosiddetto “calvinismo” (sistema teologico non del tutto riconducibile al suo omonimo), la vera importanza di Calvino è tutt’altro. In primo luogo, Calvino basò tutto sulla Parola di Dio, convinto che bisognasse “cercare Dio solo nella sua Parola, di pensare a lui guidati solamente da essa e di affermare di lui solo quanto sia in essa attinto e preso” (I.xiii.21). In secondo luogo, Calvino, a differenza delle speculazioni scolastiche, cercò di attenersi strettamente alla rivelazione di Dio in Gesù Cristo. Secondo lui, “la totalità e i singoli elementi della nostra salvezza sono rinchiusi in Gesù Cristo; bisogna perciò guardarsi dal farne derivare la minima porzione da altra fonte. (...) In lui insomma è il tesoro di tutti i beni e da lui dobbiamo attingere per essere saziati, non altrove” (II.xvi.19). Secondo Calvino, dunque, le Scritture vanno interpretate sempre nell’ottica di Cristo, la Parola di Dio di cui tutte le parole della Bibbia danno testimonianza (Giovanni 5:39).

Infine, Calvino insistette che la teologia non è mai un mero esercizio teorico ma che è sempre “utile a (...) educare alla giustizia”. L’obiettivo della sana dottrina è la pietà che Calvino definì “un senso di venerazione e di amore per Dio congiunti insieme, a cui siamo condotti dalla conoscenza dei beni da lui largiti”. E perché è così importante la pietà? Calvino risponde: “Fintantoché gli uomini non hanno chiaramente impresso nel cuore il pensiero che tutto debbono a Dio, che sono teneramente nutriti sotto il suo sguardo paterno, finché; insomma, non lo considerano autore di ogni bene, in modo da non desiderare altro che lui, mai gli si sottometteranno con sincera devozione” (I.ii.1).

È questo che soprattutto Calvino desiderò insegnare alla sua “perfetta scuola di Cristo”. Faremmo bene a imitarlo.

Martin Bucer

Martin Bucer e l'Unità della Chiesa

Se tu immediatamente condanni come ripudiato dallo Spirito di Cristo qualcuno che non crede esattamente come te, e consideri come nemico della verità qualcuno che ritiene vero ciò che è falso, chi, allora, puoi ancora considerare un fratello? Io per primo non ho mai conosciuto due persone che credono esattamente nella stessa maniera. Questo vale anche nella teologia.

Martin Bucer
1530


I riformatori protestanti dovettero subire la scomunica per non compromettere la verità del vangelo, lottando “strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre” (Giuda 3). Tuttavia — a differenza di alcuni settori evangelici odierni — essi non interpretarono l’esortazione di Giuda come un invito al dogmatismo tanto inflessibile da sancire divisioni circa ogni minimo dettaglio dottrinale. I riformatori insistettero sulla necessità di salvaguardare la sana dottrina, ma sempre allo scopo di salvaguardare l'unità ecclesiale.

Un esempio luminoso fu Martin Bucer (1491 – 1551), il teologo tedesco conosciuto per la sua opera riformatrice svolta a Strasburgo. Come molti altri riformatori, Bucer provenne dall’ambiente cattolico-romano. Quando si trasferì a Heidelberg per eseguire i suoi studi, incontrò il pensiero di Martin Lutero e si convertì alla fede evangelica. Bucer si dedicò poi alla predicazione del vangelo in vari luoghi finché nel 1523 non si stabilì a Strasburgo, una città che divenne poi un centro importante di fermenti riformatori.

Tra le sue varie attività, Bucer si adoperò per la conciliazione dei vari movimenti protestanti nascenti. La questione più controversa fu quella della Santa Cena, vertendo soprattutto sulla presenza reale o meno di Gesù Cristo. Secondo Lutero e i suoi seguaci, le parole domenicali riguardo al pane sacramentale, “Questo è il mio corpo”, andavano interpretate letteralmente (ma non nel senso della transustanziazione). Dall’altro canto, Zwingli e tanti protestanti svizzeri rimasero convinti che il pane, come anche il vino, fosse un mero simbolo. Nonostante le sue tendenze zwingliane, Bucer ritenne la questione secondaria rispetto al danno che la divisione da essa provocata aveva causato nel ministero del vangelo.

Bucer provò dunque a trattare un accordo tra le due parti ai colloqui di Marburgo nel 1529 e, nonostante il suo fallimento, mise in risalto il dovere di “comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace. Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione” (Efesini 4:1-4).

In conformità a questa scrittura, converrebbe aggiungere ai cinque Sola della Riforma (sola Scrittura, solo Cristo, sola grazia, sola fide, solo a Dio la gloria) un sesto: sola chiesa! Bucer non riuscì a unire le diverse correnti protestanti in una sola chiesa, ma i suoi sforzi ci ricordano della nostra responsabilità di non rassegnarci mai davanti alle fratture che persistono nell'unico corpo di Cristo.